Menu principale:
Il Monte Nuovo alto m. 130 e con un diametro di base di circa 1 km, si colloca in un’area delimitata a sud della linea di costa, a ovest e nord-
Il sentiero si snoda in un bosco di pino. Nel sottobosco compaiono le essenze vegetali del cisto, il corbezzolo, l’erica. Salendo verso il periplo, si osservano in sezione prodotti vulcanici costituiti da scaglie nere e frammenti lavici angolosi.
Questa formazione ricopre l’ossatura geologica di Monte Nuovo (pomici e pomici coriacee in matrice grossolana).
Laddove la macchia prevale sul bosco, compaiono la ginestra, il leccio e il lentisco. Il sentiero principale termina in uno spiazzo a ridosso del cratere. Sulla destra sono due viottoli in terra battuta.
Il primo conduce al punto più elevato del periplo, dal quale si gode la vista di un ampio panorama sul Golfo di Pozzuoli, sul Promontorio di Misero, isolotto di Nisida, Capo Posillipo e, sullo sfondo, ai monti della Penisola Sorrentina.
A causa della scarsa presenza di vegetazione, il versante interno del cratere è più esposto all’erosione, con i profondi solchi lasciati dalle acque piovane.
Il fondo del cratere presenta una fitta vegetazione a felci e vi abbandona il finocchietto.
-
Il Lucrino ha conosciuto, dall’antichità a oggi, varie alterazioni, provocate sia da fenomeni naturali (bradisismo) sia dall’intervento dell’uomo.
In età romana Lucrino occupava una superficie molto più ampia dell’attuale,formando un unico complesso con l’Averno, a cui fu unito, sul finire del I secolo a. C. da un canale navigabile. Intorno al X-
Il suolo, nei secoli successivi, cominciò nuovamente a sollevarsi, causando la riemersione di un ampio tratto di costa e una serie di fenomeni tettonici culminanti nell’eruzione che creò il Monte Nuovo.
Preceduta da scosse telluriche, l’eruzione ebbe inizio la notte fra il 29 e il 30 settembre 1538, con un rigonfiamento del suolo nella zona di Tripergole, che poi, sprofondando, provocò l’apertura di una voragine esplosiva. I materiali proiettati all’esterno, pietre, cenere e lapilli, formarono la collina craterica, cui i contemporanei diedero il nome Monte Nuovo.
La parte orientale dell’alveo dell’antico Lucrino, allora ancora coperto dal mare, fu colmata dai materiali eruttati.
Il lago d’Averno rimase di nuovo isolato. Il villaggio di Tripergole fu completamente distrutto, anche se gli abitanti, poterono mettersi in salvo. L’eruzione inoltre, occultò definitivamente i resti delle numerose costruzioni, ville e impianti termali. Così scomparve ogni traccia del Cumanum di Cicerone, la villa nella quale l’oratore si era ripromessi di far vivere l’Accademia Aristotelica.
La pioggia di cenere e lapilli giunse fino a Pozzuoli, che fu abbandonata dagli abitanti, atterriti anche dai continui terremoti.
L’ ERUZIONE DEL MONTE NUOVO
“Il dì (…) XXIX di Settembre del MDXXXVIII (…) circa una bora di notte (…) cominciarono a vedersi in quel luogo, ch’è tra il sudatolo et tre pergole, certe fiamme di foco le quali cominciarono dal detto Sudatolo ed andavano verso tre Pergole. Et ivi fermatosi, cioè in quella valletta ch’è tra monte Barbaro et quel ponticello che si denomina dal Pericolo, per la quale valletta s’andava al lago d’Averno, et alli bagni in brieve spacio el fuoco pigliò tanta forza che nella medesima notte eruppe nel medesimo luogo la terra, et eruttò tanta copia di cenere et di saxi pomicei mischiati con acqua che coperse tutto quel paese.”
(M. A. delli Falconi, Dell’incendio di Pozzuolo, 1538).